Il principio consensualistico cosiddetto del “consenso libero ed informato” in ambito medico e terapeutico (e della biologia) è un diritto fondamentale dell’individuo ed è un principio cardine nell’ambito della tutela della salute disciplinata nel nostro ordinamento giuridico, riconosciuto anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale italiana.
Può essere esercitato nella forma del consenso o dissenso all’atto sanitario anche in merito alle vaccinazioni OBBLIGATORIE (come quelle pediatriche) e non solo per quelle FACOLTATIVE o fortemente raccomandate: il principio è riconosciuto e deve sempre essere rispettato dal personale sanitario per tutti gli accertamenti sanitari invasivi e rischiosi: dunque per le operazioni, le anestesie, i trattamenti farmacologici (di qualunque natura, anche profilattica) ed i test diagnostici che presentano un qualunque profilo di rischio per la persona.
Per tutti questi atti sanitari è previsto il consenso libero ed informato da acquisire (di norma in forma scritta) e che solo il paziente – od il suo rappresentante legale – può fornire. Tale consenso non può essere – in linea di principio – cagione di alcuna discriminazione, vincolo o pregiudizio sociale quando esso viene esercitato (da qui la parola “libero”).
Si può sempre esprimere un dissenso sanitario anche quando esiste un obbligo rispetto ad un atto sanitario ad eccezione di particolari fattispecie regolate dalla legge, ove la volontà del paziente venga temporaneamente compressa fino all’annullamento. Si pensi ad un TSO disposto da un Sindaco, ad esempio, nei confronti di un individuo affetto da problemi psichici gravi che possano mettere a repentaglio la sicurezza propria o altrui: in tal caso si fa un uso coatto della forza pubblica secondo apposita procedura ed istruttoria che si conclude con una ordinanza sindacale, procedura che comunque prevede la firma di convalida di due diversi medici e la convalida del giudice tutelare (uno dei due medici propone il TSO, mentre l’altro controfirma prima della firma del Sindaco); TSO significa Trattamento Sanitario Obbligatorio ovvero quando una persona viene sottoposta a delle terapie specifiche contro la sua volontà (cfr. Legge del 23 dicembre 1978, nr. 833, articolo 34 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale”)
Si fa presente che avverso un provvedimento di TSO è ammesso anche ricorso da parte di parenti od amici stretti (chiunque abbia interesse alla tutela del paziente), per chiederne la revoca o sospensione al Sindaco e/o al Giudice tutelare.
Una altra eccezione in deroga al consenso libero ed informato è il caso della necessità di intervenire il prima possibile nei casi in cui un minore necessiti di cure mediche urgenti e non differibili, quanto la vita dello stesso sia in pericolo: in tale specifico caso i genitori che non volessero dare il consenso rischiano una segnalazione al Tribunale dei Minori. Naturalmente caso analogo si presenta quando un adulto – in certi frangenti – si ritrova incosciente e necessita di intervento di pronto e primo soccorso immediato ed urgente, anche ospedaliero. Non essendo cosciente e trovandosi in pericolo di vita, i medici che assistono e curano possono intervenire senza consenso per ripristinare le funzioni vitali.
Sul tema del fine vita e del testamento biologico e delle cure mediche nella possibilità di incapacità di autodeterminarsi in determinati frangenti futuri, è intervenuto il Legislatore con la Legge 219/2017 (normativa sulle disposizioni anticipate di trattamento che include anche la disciplina del consenso informato, già disciplinata in ambito europeo sin dal 1997), per dare la possibilità a chi è capace di intendere e di volere di proiettare la propria volontà di scelta anche in un futuro incerto ove tale scelta sia rispettata da atto pubblico, e dunque anche dalle Autorità sanitarie.
Sulle vaccinazioni pediatriche obbligatorie (che sono una misura di profilassi) previste per soggetti sani, qualora i genitori che esercitano la responsabilità genitoriale od il tutore/affidatario del minore non forniscano consenso all’atto sanitario – a patto di motivare le proprie ragioni secondo un iter di obiezione attiva e soprattutto valutando attentamente il rapporto beneficio/rischio – non rischiano alcuna segnalazione (a meno di effettiva incuria genitoriale che emerga per altri motivi o connessi a specifiche circostanze).
In proposito illuminante il parere espresso nell’ottobre 2017 dal dottor Giuseppe Lavra già Presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri di Roma, ove egli rispondeva ad un quesito posto da un dirigente medico laziale in merito alle Legge 119/2017 sulle vaccinazioni pediatriche obbligatorie: dopo aver richiamato la Convenzione di Oviedo, la Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea ed il Codice deontologico medico (art. 35), il dottor Giuseppe Lavra ricorda che – qualora non sia rispettato il principio consensualistico – l’operatore sanitario rischia di integrare un possibile illecito deontologico, civilistico ed anche penalistico:
[…] La Corte Costituzionale ha, a tale proposito, affermato che: «Il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico», deve considerarsi «principio fondamentale in materia di tutela alla salute, trovando fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione»
Corte Costituzionale, Sentenza n. 438/2008.
[…] Da tutto ciò deriva che un atto sanitario posto in essere in assenza di consenso può integrare un illecito civile, penale e deontologico […] nel caso in cui immotivatamente il genitore si rifiuti di sottoporre il proprio figlio a vaccinazione (non portandolo al centro vaccinale o non prestando il proprio consenso, ipotesi queste ai nostri fini assimilabili), la reazione dell’ordinamento non è quella di imporre coattivamente la vaccinazione, bensì di sanzionare il comportamento a livello amministrativo”.
dottor Giuseppe LAVRA, ottobre 2017, lettera protocollata, n. 2017/40328, 10 ottobre 2017,
“oggetto: vaccinazioni obbligatorie e consenso informato”
Se il dissenso all’atto sanitario è possibile anche per le vaccinazioni obbligatorie, restano tuttavia validi ovviamente i profili sanzionatori decisi dal legislatore nella particolare declinazione dell’obbligo scelta (con possibilità di irrogazione della sanzione amministrativa) oppure discriminatori quando previsti dalla vigente normativa (Legge 31 luglio 2017, nr. 119); nondimeno tali profili sanzionatori sono mitigati – e disinnescati – dall’iter di obiezione attiva in cui si spiega ai sanitari le motivazioni della sospensione di giudizio dell’atto. Non a caso parlando di sanzioni pecuniarie e della loro irrogazione, il dottor Lavra accenna a rifiuti “immotivati”.
Cosa è il principio consensualistico in ambito medico e terapeutico? Essendo la Medicina una Arte che si avvale del contributo di discipline scientifiche (Ars Medica) e non una scienza esatta, qualunque somministrazione di farmaci – o trattamento terapeutico, intervento od accertamento diagnostico invasivo del corpo umano – prevede una componente di scommessa ineludibile perché il fenomeno non è riproducibile nei suoi effetti e conseguenze e dunque anche la potenziale insorgenza di eventi avversi, reazioni avverse al farmaco, problemi sorti a causa dell’intervento o del trattamento diagnostico, sono sempre possibili e forieri di danni anche irreversibili alla integrità psicofisica della persona (non a caso per i danni insorti a seguito delle vaccinazioni esiste la legge 210/1992 e s.m.i. che garantisce un indennizzo, una sorta di vitalizio, qualora si accerti a livello sanitario una menomazione permanente della integrità psicofisica causata molto verosimilmente dalla vaccinazione a cui si è stati sottoposti; si parla allora di nesso causale molto probabile).
Pertanto qualunque somministrazione di farmaci – vaccini inclusi – prevede un consenso libero ed informato dell’avente diritto. Dunque anche per i vaccini obbligatori è previsto l’acquisizione del consenso libero ed informato (cosa di cui da decenni fanno esperienza i genitori italiani – madri e padri di neonati ed infanti – invitati dalle ASL/AUSL/ATS/ULSS a portare i propri figli alla somministrazione delle vaccinazioni pediatriche previste dal calendario nazionale e dalla legge 119/2017).
L’eventuale obiezione all’atto sanitario a cui si viene invitati – obiezione che deve essere motivata e non meramente ideologica – è possibile.
Resta il problema – come si diceva precedentemente – delle discriminazioni sociali e scolastiche introdotte dalla Legge 119/2017 (comunque lesiva in alcuni punti – a giudizio di chi scrive – del principio di proporzionalità e di diritti costituzionalmente garantiti e tutelati anche a livello UE, dalla CDFUE). Sul punto, nel 2017 la legge italiana ha espresso anche con normativa di rango primario (legge 22 dicembre 2017, nr. 219) quello che già era disciplinato e regolato a livello europeo (art.3 CDFUE, Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea, vincolante giuridicamente per l’Italia ed ogni Paese UE dall’anno 2009 a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha equiparato la CDFUE ad un Trattato, e dunque essa è valida come atto normativo di rango superiore alle normative nazionale degli Stati eurocomunitari (la Carta è stata proclamata a Nizza una prima volta il 7 dicembre 2000, da qui il nome di “Carta di Nizza”, e poi riproclamata una seconda volta a Strasburgo, sette anni dopo):
Articolo 3, CDFUE
Diritto all’integrità della persona
Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
a) il consenso libero e informato della persona interessata,
secondo le modalità definite dalla legge;
b) il divieto delle pratiche eugenetiche,
in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone;
c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti
in quanto tali una fonte di lucro;
d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.
Nella CDFUE (Carta di Nizza) si fa riferimento al concetto di “integrità fisica e psichica” e non solo al concetto di “consenso libero ed informato”, dunque l‘alleanza medico-paziente deontologicamente fondata si esprime salvaguardando la integrità psicofisica del paziente ma al contempo anche la libertà del paziente, sulla quale libertà proprio il paziente ha sempre l’ultima parola attraverso l’autodeterminazione e la difesa dell’habeas corpus.
L’integrità psicofisica e la sua difesa è così intesa nella più ampia accezione possibile: in senso fisico, psichico, spirituale ed esistenziale. Nella sua tesi di dottorato la dottoressa Marta Pelazza – avvocato e giurista – sottolinea riprendendo le parole del prof. Paolo Zatti in Rapporto medico-paziente e integrità della persona, come si faccia riferimento al valore della salute che non è scisso da quello della “libertà”:
“[…] si pone il consenso a strumento di tutela dell’integrità nel campo della biologia e della medicina. È stato affermato che ciò significa che la legge del rapporto, l’obiettivo della collaborazione tra medico e paziente è l’integrità, che si realizza attraverso l’autodeterminazione, e che non si può scindere il valore della salute da quello della libertà: non si può cioè assegnare a scopo del rapporto terapeutico il primo valore, e a funzione di tutela della libertà del paziente il secondo; in altre parole la libertà del paziente di autodeterminarsi.”
Pelazza M., in La coazione terapeutica- Uno studio comparato, Università degli Studi di Milano – Bicocca, a.a. 2012/2013, Diritto penale e criminologia.
La prassi sanitaria italiana include il consenso libero ed informato – acquisito per iscritto – oramai da circa una ventina di anni.
Nel 2017 il Legislatore italiano ha voluto anche codificare il principio del consenso libero ed informato nella legge “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, Legge 22 dicembre 2017, nr. 219
Art. 1, Consenso informato, L. 219/2017
La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
La tutela del principio consensualistico implica ovviamente anche il dissenso all’atto sanitario qualora il paziente – dopo attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio – decida di non procedere; oppure di ritirare il consenso all’atto sanitario, in qualunque momento, come stabilito dalla stessa Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, e ratificata dall’Italia con la Legge nr. 145/2001 (anche se l’Italia non ha ancora perfezionato l’iter di deposito della ratifica presso il Segretario del Consiglio d’Europa).
Art. 5, Convenzione di Oviedo
Cap. II – Il consenso
Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura
dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi.
La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso.
Anche la Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani dell’UNESCO (2005) ha ribadito il rispetto del consenso libero ed informato in ambito medico e terapeutico, all’art. 6
Articolo 6, Dichiarazione Sulla Bioetica e i Diritti Umani (UNESCO)
Consenso
Qualsiasi intervento medico di prevenzione, diagnostico o terapeutico deve essere compiuto con il consenso libero, preventivo e informato della persona interessata, e che si basi su adeguate informazioni. Il consenso deve essere, quando ciò sia possibile, espresso e può essere revocato dalla persona interessata in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione senza pregiudizio o danno
Il consenso libero ed informato vale per interventi, anestesie, somministrazione di farmaci (vaccini inclusi) ed esami diagnostici invasivi. La Convenzione di Oviedo prima (1997) nell’ambito del Consiglio d’Europa (CoE) e la Carta di Nizza-Strasburgo poi (CDFUE, anni 2000 e 2007) hanno dunque espresso e codificato questo principio fondamentale dell’individuo. La Dichiarazione Universale Sulla Bioetica e i Diritti Umani (UNESCO) ha fatto proprio questo principio, anche se quest’ultima dichiarazione non è vincolante giuridicamente ma deve servire da guida ai Legislatori dei vari Stati, ispirandoli a rispettare i diritti fondamentali della persona.
Per quanto riguarda l’Italia negli ultimi anni la Corte Costituzionale italiana e la Suprema Corte di Cassazione più volte si sono pronunciate riconoscendo il principio consensualistico. Basti pensare alla celebre sentenza nr. 438/2008 della Corte Costituzionale che qui riportiamo nel passo che ci interessa:
[…] “La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art.32, secondo comma, della Costituzione”.
Discende da ciò che il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale“
La questione di una declinazione dell’obbligo in senso discriminatorio – per quanto possibile e già effettiva dal 2017 a partire dal Decreto “Lorenzin” nr. 73/2017 poi convertito in legge dal Parlamento e che opera una discriminazione soltanto per asili e scuola della infanzia (dopo che dal 1999 al 2016 lo Stato italiano aveva deciso di non prevedere più discriminazioni di accesso a prestazioni sociali o scolastiche basate su profili sanitari) – è materia di aspri dibattiti e sicuramente meritevole di essere adita dinanzi ad un giudice od una Corte per valutarne la legittimità costituzionale in via incidentale, anche in conformità con la tutela garantita dall’ordinamento giuridico UE (rif. Art. 117 Cost.) , in particolare dalla Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea (CDFUE nell’ambito UE) e dalla CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in francese “Convention européenne des droits de l’Homme”) redatta e adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa (CoE). Questo perché la sentenza nr. 5/2018 della Corte Costituzionale – rispondendo al ricorso in via principale della Regione Veneto che impugnò il DL 73/2017 e la legge 119/2017 – si pronunciò sul conflitto di attribuzione (potestà legislativa) fra Regione e Stato dando ragione allo Stato e torto alle doglianze della Regione Veneto che rivendicava la sua politica sanitaria di sospensione dell’obbligo vaccinale, e rispondendo anche nel merito dei diritti soggettivi, giudicando non irragionevole il bilanciamento fra diritti del singolo alla autodeterminazione ed il potere legislativo dello Stato che esercita appunto una compressione di questa autodeterminazione, per ragioni di tutela della salute pubblica. Resta il fatto che tale ricorso avanzato dalla Regione Veneto era un ricorso in via principale sollevato per presunto conflitto di attribuzione (potestà legislativa) fra Regione e Stato, e dunque non sollevato per mancanza di conformità della legge ordinaria rispetto ai valori fondanti della Costituzione, in tema di diritti soggettivi ed inviolabili della persona umana.
L’Unione Europea (ex CEE) e lo stesso spazio di tutela nell’ambito dei diritti fondamentali dell’individuo che sin dall’anno 1950 il Consiglio d’Europa di Strasburgo va difendendo (la celebre Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali – in acronimo CEDU – firmata nel 1950 a Roma dai 13 Paesi allora membri del Consiglio d’Europa ed entrata in vigore tre anni dopo) non ammettono discriminazioni. La stessa CDFUE equiparata a Trattato dal 2009 e dunque atto normativo vigente, è stata ispirata dalla CEDU e ne recepisce i principi fondamentali.
La stessa nostra Costituzione della Repubblica italiana riconosce i diritti umani inalienabili (art.2 Cost.), l’assenza di discriminazioni per garantire una uguaglianza sostanziale e non solo formale (art.3 Cost., “pieno sviluppo della persona umana”) ed il “rispetto della persona umana” i cui limiti nessuna legge può violare (ultimo comma art. 32 Cost.).
L’Unione Europea è nata per garantire uno Spazio di libera circolazione a persone e merci ed è davvero paradossale come nel marzo 2021 addirittura la Commissione Europea arrivi a proporre un “Green Digital Pass” verde per viaggiare all’interno del continente europeo e passare dai confini di un Paese UE ai confini di un altro senza sottostare alle restrizioni decise dagli Stati come misure emergenziali di contrasto alla sindrome COVID-19.
Tutto l’opposto di quanto raccomandato solo alcuni mesi prima dalla delibera della Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (Doc. 15212, 11 gennaio 2021, “Covid-19 vaccines: ethical, legal and practical considerations”), con la quale si è lanciato un monito agli Stati per non implementare discriminazioni nei confronti dei cittadini all’interno dell’Europa (“gli Stati devono informare i cittadini che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno deve farsi vaccinare se non lo vuole”, e bisogna “garantire che nessuno sarà discriminato se non è vaccinato”.
Infine i parlamentari hanno votato quasi in blocco per inserire un emendamento con cui si dicono contrari all’uso dei certificati di vaccinazione come passaporti“, rif. QS, Quotidianosanità.it, 28 genn 2021)
Luca Scantamburlo
17 marzo 2021 – ultimo aggiornamento 18 novembre 2023
BIBLIOGRAFIA
LAVRA G., dottore medico chirurgo, già Presidente dell’Ordine Provinciale di Roma, Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, lettera protocollata n. 2017/40328, 10 ottobre 2017, “oggetto: vaccinazioni obbligatorie e consenso informato”
PELAZZA M., La coazione terapeutica- Uno studio comparato, Università degli Studi di Milano – Bicocca, a.a. 2012/2013, Diritto penale e criminologia
ZATTI Paolo, Rapporto medico-paziente e integrità della persona, Periodico: La nuova giurisprudenza civile commentata
Anno: 2008 – Volume: 24 – Fascicolo: 12 – Pagina iniziale: 403 – Parte: 2
QS, Quotidianosanità.it, Roma, quotidiano online di informazione sanitaria, “Vaccini Covid. Consiglio d’Europa vota per il no a obbligo e passaporti sanitari”, 28 gennaio 2021, http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=91964
RISPOSTA ALLA DIRIGENZA SCOLASTICA, SCUOLA DELL’OBBLIGO
Qualora la dirigenza scolastica di una scuola dell’obbligo richiedesse una documentazione eccedente la semplice richiesta di acquisire o conoscere la conformità o meno al calendario vaccinale e quindi il possesso di un certificato vaccinale in regola, ed evocasse sanzioni amministrative o pretese sospensioni o interruzione della frequentazione scolastica o degli esami di bambini o adolescenti che continuassero a persistere come inadempienti il calendario vaccinale, ecco il modello di una possibile risposta in download (adattabile in base al proprio caso personale), la quale ricorda che nessun pregiudizio al diritto soggettivo alla istruzione della scuola dell’obbligo (primaria e secondaria di primo e secondo grado) può essere causato dalla mancata vaccinazione.
Le discriminazioni di accesso (con possibile decadenza della iscrizione o sospensione della frequentazione) sono contemplate dalla legge 31 luglio 2017 n. 119 ma solo ed esclusivamente per la scuola della infanzia e il servizio di accudimento all’asilo nido (fascia 0-6 anni di età).
download LETTERA DI RISPOSTA A
DIRIGENZA SCUOLA DELL’OBBLIGO